Polonia, il divieto di aborto è un monito per tutte le donne europee

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Il 22 ottobre, la Corte costituzionale polacca ha vietato uno dei pochi diritti legali rimasti: l’aborto nel paese. Questa decisione ha portato migliaia di polacchi in piazza negli ultimi 10 giorni, con attivisti che hanno espresso la loro rabbia e hanno condotto centinaia di scioperi a Varsavia e in altri angoli della Polonia.

Queste proteste, le più grandi viste nel paese dagli anni Ottanta, si svolgono ancora oggi nonostante le minacce sottilmente velate del vice primo ministro Jarosław Kaczyński, il quale invoca la violenza contro i manifestanti a causa del numero di casi di COVID-19 in aumento nel Paese. In effetti, i gruppi per i diritti delle donne dietro le proteste potrebbero ora essere perseguiti penalmente poiché i raduni di più di cinque persone sono attualmente vietati come misura preventiva contro l’epidemia.

La sentenza, che riguarda oltre 10 milioni di donne in età riproduttiva, doveva essere ufficialmente pubblicata all’inizio di questa settimana e quindi diventare legalmente vincolante. Ma a causa delle tante proteste giustificate, la pubblicazione è stata ritardata. Il governo fa marcia indietro e chiede il dialogo con i gruppi di opposizione e i legislatori per trovare una soluzione. La voce della gente viene ascoltata, almeno per ora.

Guardando al contesto più ampio, l’aborto era già illegale in Polonia, ma era almeno consentito in tre circostanze: in caso di stupro o incesto, quando la vita della madre è a rischio e in caso di difetti fetali gravi e irreversibili. Tre di questi sono diventati due, con la Corte costituzionale controllata dal PiS che dichiara incostituzionali gli aborti che rientrano nella terza categoria.

Il problema di questa ultima sentenza è che circa il 98% degli oltre 1.100 aborti legali effettuati ogni anno vengono eseguiti con la terza eccezione. Poiché la maggior parte delle interruzioni è ora effettivamente vietata, le donne incinte dovranno portare a termine la gravidanza, a meno che non vanno all’estero per accedere all’aborto. In effetti, tra le 80.000 e le 120.000 donne polacche si recano già ogni anno nei Paesi vicini, principalmente in Germania, per abortire. Un numero che adesso sicuramente aumenterà, come anche i tassi di aborti casalinghi non sicuri.

A causa della pressione dell’opinione pubblica, il governo sta cercando un compromesso. Il presidente polacco Andrzej Duda ha proposto di continuare a consentire l’aborto per i feti con difetti potenzialmente letali, ma di vietarlo per disturbi come la sindrome di Down. Tuttavia, questa alternativa segue la stessa logica: toglie alle donne il diritto di prendere decisioni sul proprio corpo e su come vogliono vivere la propria vita. E gli attivisti pro-choice e l’opposizione probabilmente non lo accetteranno.

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